Avere
relazioni ottime con tutti è impossibile, ma cercare di avere buone relazioni
con molte persone è possibile. Esistono mille modi di vedere le cose ed
altrettanti modi differenti di interpretare i giudizi. Ognuno può credere
quello che vuole ma è libero di farlo fino a quando non urta la suscettibilità
del prossimo. Quello che piace a te può non piacere a me, infondo si sa che non
è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. Ciò nonostante a volte vanno
dati dei giudizi negativi e non sempre siamo in grado di farlo nel modo
corretto.
Formulare una critica verso qualcuno senza entrare in collisione con l’altra parte è
veramente difficile. Spesso non ci accorgiamo che un'osservazione o
rimostranza diretta o di troppo si trasforma nell'altro in un giudizio tagliente,
quasi un rimprovero o una sentenza di sconfitta, senza appello, per chi la
riceve. Tutti sanno che le critiche vanno sempre bene quando sono costruttive,
ma quando siamo sicuri che lo siano? Chi può darci la sicurezza che stiamo
facendo una critica giusta ed equilibrata e non distruttiva? In realtà, le
critiche possono essere utili e costruttive e servono a migliorare una relazione,
ma bisogna imparare a farle nel modo appropriato, senza denigrare gli altri.
Una prima, quanto difficile, regola per cercare di fare centro è quella di
provare a mettersi nei pani altrui.
A
questo punto se abbiamo compreso che, in effetti, è qualcosa di molto difficile
potremmo azzardare un’affermazione forte, cioè che criticare è un’arte. Si può esprimere
il proprio parere controverso, anche nell'interesse vero della persona che ci
sta difronte, al fine di rendere il nostro interlocutore consapevole dei suoi
comportamenti non corretti, ma il modo in cui lo facciamo è fondamentale per
non rovinare la relazione ed ottenere il risultato voluto. Già, perché se sbagliamo
metodo potremmo ottenere anche il risultato sbagliato, come dire, oltre il danno
la beffa. E’ del tutto inutile essere troppo diretti fino a ferire, né bisogna calcare
la mano su difetti, errori e debolezze, bisogna invece cercare di comunicare
semplicemente quello che si vuole dire, nel modo più neutro possibile. Comunque
ritengo che sia corretto dire con sincerità quello che non ci piace nell'altro, far finta di niente, è peggio.
Se
si decide di criticare un qualcosa o qualcuno, non è corretto avere l’atteggiamento di chi teme
di formulare critiche sempre per paura di danneggiare il rapporto, tanto da non
essere mai nemmeno autocritico. Probabilmente il criticare risveglia una paura
inconscia di essere ribattuto e non accettato, ricevendo solo emozioni
negative. Questa accettazione incondizionata di quello che fanno gli altri
rischia di spingere verso la depressione se stessi, perché anche quello che pensiamo, ma che per
opportunità non diciamo, comunque danneggia una relazione. E’ più semplice
ammettere che tutti possono sbagliare, perché infondo una critica non vuol dire
diventare un giudice indiscutibile, ma esprimere il proprio parere per mantener
una buona relazione chiara, senza equivoci. Se esprimiamo una critica verso una
persona a cui noi teniamo, prendiamo in considerazione che probabilmente, se c’è
qualcosa che non funziona, c’è anche una parte di nostra responsabilità.
D’altro
canto una critica non deve necessariamente essere svalutante e distruttiva al
di là delle buone intenzioni che vi possono essere. Non è sempre tutto giusto o
sbagliato, quindi ci deve essere quella giusta flessibilità, perché criticare
non vuol dire sminuire, ma aiutare l’altro a diventare consapevole degli errori.
E’ meglio rivolgersi all'altro usando messaggi in prima persona, come “io mi
sento, io desidero, io vorrei” e non dettando giudizi assoluti. Allo stesso
modo vanno evitati sguardi di sdegno, tono di voce aggressivo. Se c’è il motivo
di dover fare una critica facciamola riconoscendo comunque il valore della
persona che ci sta difronte, e limitiamoci ad osservazioni su un comportamento
presente, concreto e che sia modificabile, senza ritornare su fatti del
passato, che non sono recuperabili. Utilizziamo lo stesso metro di giudizio che noi ci aspettiamo dagli altri.
Per
riuscire nell'impresa si vuole innanzitutto una buona dose di empatia che ci può
permettere di entrare in sintonia con chi abbiamo di fronte, tanto da spingerci
a chiederci cosa farei se fossi al suo posto?. Poi ritengo necessario, così
come indica il titolo di questo blog, dover riflettere sulle parole e sul tono che
usiamo per comunicare quello che pensiamo e, soprattutto, bisogna avere un
occhio di riguardo bonario sulla persona cara o sull'amico, compagna, parente o
collega oggetto della critica. Se poi siamo riusciti a fare tutto questo, e non
impresa da poco, in quanto penso che sia già abbastanza difficile,
dobbiamo ancora ricordare che dopo aver espresso la nostra critica dobbiamo poi
dare la possibilità di replica. Io in realtà, anche quando esprimo una critica
e lo faccio infondo senza voler essere cattivo verso chi mi sta difronte, penso
di non essere poi capace di attuare tutti questi accorgimenti. Posso solo
sperare che, anche l’altra parte abbia un po’ di empatia verso di me, per capire
che lo faccio senza cattiveria. Una mano lava l’altra, così forse funziona
meglio, ma intanto devo ricordarmi di fare critiche costruttive e di cercare di
usare le giuste misure.
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