Di tutti quelli sopra riportati e fra i tanti
altri tralasciati, non vi è dubbio alcuno che la primo posto vi è lui: il
fatidico punto G. Mitologia vera o realtà? Una terra di nessuno,
attraversata dai più audaci, dove scorrono contemporaneamente, sangue, latte e
miele. Dicono che è tutto quello che serve ad un uomo per far volare una donna
o per lo meno, per farglielo credere.
Secondo la scienza il punto G è stato dato
per scontato nell’anno 1982 da alcuni scienziati. Il più importante tra tutti
il ginecologo Grafenberg, infatti è a lui che viene attribuita
la scoperta ed è per questo che si chiama punto G, come l’iniziale del suo
nome. Anatomicamente dovrebbe posizionarsi, per gli eventuali esploratori
interessati, a circa 5-8 centimetri, sulla parete anteriore del
canale vaginale. Però difatti, sulla sua esistenza oggettiva gli studiosi non
sono tutti concordi. Anche tra i pseudo esperti del sesso c’è una forte
divisione. C’è chi dice che non esiste e chi accusa i primi di essere incapaci
di trovarlo.
Gli studi che si mostrano favorevoli all'esistenza affermano che è un punto ben preciso che deve essere eccitato e
sollecitato dall'interno del clitoride. Altri studi, non concordi
con l’esistenza, sostengono che non esistono dati di supporto reali a questi
tesi, anche perché molte donne stesse non riescono a trovarlo. Gli sessuologi dicono che mitizzare ed
enfatizzare all'infinito il ruolo de punto G può provocare seri problemi di
condivisione e compromettere la vita sessuale di coppia. Il ruolo dell’uomo che
si sente incapace di trovarlo e quello della donna che può considerare il suo
compagno indegno. Ma alla fine, se ci
pensiamo bene e consideriamo che nel rapporto basterebbe pigiare un bottone
giusto per eccitare il partner, sarebbe così tanto banale da portare al vero
ridicolo le relazioni sentimentali. Considero che le cose naturali
sono sempre molto più complesse ed autonome e che il piacere come tale dipende
veramente da innumerevoli fattori interni ed esterni, personali relazionali,
intrinsechi ed estrinsechi.
Ora forse dobbiamo
pensare che la questione non è se esiste o no il fatidico bottone del piacere. Forse
non è un punto. Forse l'annosa polemica sta tutta in quel nome, e per prima
cosa dovremmo cominciare a usare la terminologia corretta: meglio osare
l'espressione zona Cuv, che sta per complesso “clitoro-uretro-vaginale”, e concentrare
ogni ricerca sul tentativo di comprendere, dal punto di vista scientifico, perché
una donna stimolata in alcune aree provi piacere più che in altre. Che cosa sia
esattamente la zona Cuv, Jannini
lo spiega in uno studio pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature Reviews Urology: comprende il clitoride, l'uretra e la parete anteriore della vagina. Ma la cosa
importante è che tutte queste parti sono in comunicazione tra di loro durante
l'attività sessuale e i tessuti si mostrano estremamente dinamici. La loro
reazione a una stimolazione può essere di volta in volta diversa, in relazione
certamente allo stato ormonale.
Poi nella coppia dipenderà
dal partner, dal momento del ciclo, dallo stato d’animo, dalla percezione di
sé, dallo stress, dai problemi, dalle condizioni del momento, dallo stato di
benessere o malessere e tanto altro. Per provare piacere e farlo provare, non si può
spingere il punto G.
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