DEDICATO A TUTTE LE DONNE CHE A UN CERTO PUNTO, VOGLIONO DECIDERE SE
AVERE UN FIGLIO.
Non è un affatto tanto raro e non pensate che sia
neanche banale. Ci sono donne che mettono al mondo figli, per costruire una
famiglia, altre per stereotipi sociali, altre ancora per accontentare qualcuno. Ma poi chi è quel qualcuno. Alcune donne lo fanno perché sentono profondamente il bisogno di diventare
mamme e legarsi al proprio figlio, per la vita. Altre più sfortunate lo diventano
perché violentate, per ignoranza e potremmo continuare nella lista, all'infinito.
Vivere un momento in cui si
desidera avere un bambino non vuole dire che si è pronti ad averlo, né tanto
meno, pensare di non essere pronti, vuol dire di non esserlo veramente. Avere
un figlio è, in ogni caso, l’avventura più incredibile della vita. Gioia, meraviglia,
stupore, fatica, godere del colore della pelle candida, sentire ovunque quel buon profumo ecc.. Un avvenimento
meraviglioso, che al tempo stesso sconvolge quell’equilibrio della coppia
costruito nel tempo. Un bambino non ha solo bisogno di cure e coccole, ma anche
di stabilità economica e affettiva, un
ambiente sereno ed accogliente. Un bambino che viene al mondo ha bisogno di
essere desiderato fortemente da entrambi i futuri genitori, non solo da uno.
Non mi sento in grado di dare un giudizio personale sull'argomento, ma voglio indicare questo tratto di un libro, quello di Oriana
Fallaci, che ha scritto una lettera ad un suo figlio che non è mai arrivato.
Può essere di aiuto, per fare la scelta più corretta, in quello che sarà il
lavoro più difficile di tutta la vita.
Stanotte ho saputo che c'eri: una goccia di vita scappata
dal nulla.
Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d'un tratto,
in quel buio, s'è acceso un lampo di certezza: sì, c'eri. Esistevi.
È stato come sentirsi colpire in petto da una
fucilata.
Mi si è fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con
tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un
pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante.
Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi
bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca di capire: non
è paura degli altri. Io non mi curo degli altri. Non è paura di Dio. Io non
credo in Dio. Non è paura del dolore. Io non temo il dolore.
È paura di te, del caso che ti ha strappato al nulla, per
agganciarti al mio ventre. Non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se
ti ho molto aspettato. Mi son sempre posta l'atroce domanda: e se nascere non
ti piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando "Chi ti ha
chiesto di mettermi al mondo, perché mi ci hai messo, perché?".
La vita è una tale fatica, bambino.
È una guerra che si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di
gioia sono parentesi brevi che si pagano un prezzo crudele. Come faccio a
sapere che non sarebbe giusto buttarti via, come faccio a intuire che non vuoi
essere restituito al silenzio? Non puoi mica parlarmi. La tua goccia di vita è
soltanto un nodo di cellule appena iniziate. Forse non è nemmeno vita ma
possibilità di vita. Eppure darei tanto perché tu potessi aiutarmi con un
cenno, un indizio.
La mia mamma sostiene che glielo detti, che per questo mi
mise al mondo.
La mia mamma, vedi, non mi voleva. Ero incominciata per
sbaglio, in un attimo di altrui distrazione. E perché non nascessi ogni sera
scioglieva nell'acqua una medicina. Poi la beveva, piangendo.
La bevve fino alla sera in cui mi mossi, dentro il suo
ventre, e le tirai un calcio per dirle di non buttarmi via. Lei stava portando
il bicchiere alle labbra. Subito lo allontanò e ne rovesciò il contenuto per
terra.
Qualche mese dopo mi rotolavo vittoriosa nel sole, e se ciò
sia stato bene o male non so.
Quando sono felice penso che sia stato bene, quando sono
infelice penso che sia stato male. Però, anche quando sono infelice, penso che
mi dispiacerebbe non essere nata perché nulla è peggiore del nulla. Io, te lo
ripeto, non temo il dolore. Esso nasce con noi, cresce con noi, ad esso ci si
abitua come al fatto d'avere due braccia e due gambe. Io, in fondo, non temo
neanche di morire: perché se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal
niente.
Io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non
esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio, sia pure per l'altrui
distrazione. Molte donne si chiedono: mettere al mondo un figlio, perché?
Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché
muoia ammazzato alla guerra o da una malattia? E negano la speranza che la sua
fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto
gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la
guerra. Forse hanno ragione loro. Ma il niente è da preferirsi al
soffrire?
Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le
mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al
niente. E se allargo questo alla vita, al dilemma nascere o non nascere,
finisco con l'esclamare che nascere è meglio di non nascere. Tuttavia è lecito
imporre tale ragionamento anche a te? Non è come metterti al mondo per me
stessa e basta?
Non mi interessa metterti al mondo per me stessa e basta.
Tanto più che non ho affatto bisogno di te.
Molte donne si chiedono: metter al mondo un figlio, perché?
Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché
muoia ammazzato alla guerra o da una malattia?
E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia
scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per
tentar di cancellare le malattie e la guerra.
COMPONENTI DA VALUTARE
- Considerare l'impegno necessario per avere un figlio e sei
in grado di prenderti cura di lui, sia dal punto di vista emotivo che economico;
- Non credere che avere un figlio possa salvare una relazione
che non funziona al meglio, mentre di fatti è del tutto impossibile prevedere
quello che accadrà;
- Non pensare che avere figli sia un passo normale e
conseguenziale da fare dopo il matrimonio. Non esiste un momento giusto per
iniziare ad avere bambini, quindi riflettici e parlane con il tuo partner per
capire se lo volete entrambi o se è meglio rimandare e discuterne in un secondo
momento;
- Non sentirti obbligato ad avere un bambino perché, se di fatto
non vuoi figli, ricorda che non sei costretto a farlo;
- Se uno dei due non è della stessa opinione, fermati un attimo e
chiediti: "Sto considerando queste nuove idee perché ho iniziato a vedere
le cose in maniera diversa o perché sto cercando di accontentare l’altro?
- Considera se la tua famiglia o i tuoi amici ti hanno fatto
pressioni in un modo o in un altro;
- Considera come ritieni sia giusto immaginare di avere un
figlio e ricorda che avere pareri diversi in merito a questo argomento non è
necessariamente sbagliato, discutete di tali differenze con mente aperta;
- Esprimi le tue aspettative dal punto di vista
comportamentale. Dal momento che è la tua prima esperienza con la maternità (o
la paternità), forse non sai come gestire al meglio ogni singola situazione.
Tuttavia, puoi avere delle idee. Prova a parlare delle tue aspettative con il tuo partner.
In definitiva volendo fare una conclusione ritengo di dover dire che nessuna donna, come anche nessun uomo, dovrebbe spiegare agli altri perché non ha, oppure non vuole figli. Solitamente per la donna esiste uno stereotipo che vuole vederla donna con lo scopo di avere una famiglia ed anche un figlio, quasi a sostenere che una delle missioni necessarie della donna sia quella di essere madre. Certi ritengono pure che non avere figli sia quasi un difetto o un errore. Io conosco donne senza figli e non è così. Un figlio può e deve essere necessariamente il benvenuto, ma non serve per completare in assoluto la vita di una donna!
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