I SETTE VIZI CAPITALI
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I vizi capitali, altrimenti noti come peccati capitali, sono sette e sono un elenco di inclinazioni morali e comportamentali del nostro animo umano. Il termine vizio deriva dal latino vĭtĭum che vuole dire mancanza, difetto, ma anche abitudine deviata e si contrappone al termine più onorevole della virtù. In realtà i vizi sarebbero più di sette, ma in questo numero si identifica un po' l’organizzazione del fluire della vita nella tradizione esoterica, per questo ne sono stati individuati i più importanti che per questo motivo vengono indicati come “capitali”.
Un primo elenco dei vizi capitali fu stilato intorno alla fine del 300 ed inizio de 400 dc, ad opera di Evagrio Pontico, un monaco scrittore e asceta cristiano greco, aiutato dal monaco Cassiano. A Evagrio si deve la prima classificazione dei vizi capitali, e dei metodi ritenuti idonei per combatterli. In particolare, egli individuò otto "spiriti o pensieri malvagi": gola, lussuria, avarizia, ira, tristezza, accidia, vanagloria e superbia, omettendo l’invidia. La tristezza appare come vizio a sé, successivamente accorpata come già effetto dell'accidia o dell'invidia, stessa cosa accadde per la Vanagloria, accorpata successivamente nell'unico vizio della Superbia. Dopo con l’inserimento dell’invidia sono diventati 7, così come sono noti oggi. Aristotele li definì gli "abiti del male" che deriverebbero dalla ripetizione di azioni, che formano nel soggetto che le compie, una sorta di "abito" che lo inclina in una certa direzione o abitudine. Ma essendo vizi, e non virtù, tali abitudini non promuovono la crescita interiore, nobile e spirituale, ma al contrario la distruggono.
- superbia (pride) è la radicata convinzione della propria superiorità, reale o presunta, che si traduce in atteggiamento di altezzoso distacco o anche di ostentato disprezzo verso gli altri;
- avarizia (greed) è il costante senso di insoddisfazione per ciò che si ha già e del bisogno sfrenato di ottenere sempre di più con maggiore avidità;
- lussuria (lust) è l’incontrollata sensualità, l’irrefrenabile desiderio del piacere sessuale fine a sé stesso, carnalità, eccessivo attaccamento ai beni terreni;
- invidia (envy) è la sensazione di tristezza per il bene altrui, percepito allo stesso tempo come il male per se stessi;
- gola (gluttony) meglio conosciuta come ingordigia, abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, perdita totale del senso della misura e quindi della capacità di provare piacere reale per ciò che si sta gustando;
- ira (wrath) è l’eccessivo senso di giustizia, che degenera in giustizia personale, nonché in desiderio di vendicare violentemente un torto subito;
- accidia (sloth) è il torpore malinconico, l’inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene, pigrizia, indolenza.
- Superbia: s. f. dal latino superbia, derivazione di superbus «superbo»;
- Avarizia: s. f. dal latino avaritia, derivazione di avarus «avaro»;
- Lussuria: s. f. dal latino luxuria «rigoglio, eccesso, lascivia, sfrenatezza», derivazione di luxus -us «lusso»;
- Invidia: s. f. dal latino invidia, derivazione di invĭdus: v. invido;
- Gola: s. f. dal latino gŭla;
- Ira: s. f. dal latino īra, dal sancrito IR-IN;
- Accidia: s. f. dal greco ἀκηδία «negligenza», comp. di ἀ- priv. e κ ῆ δος «cura»,assunto nel latino tardo come acedia e acidia;
SUPERBIA
La superbia si manifesta nella volontà assoluta
che gli altri riconoscano la sua superiorità, che essa sia derivata per meriti
o non sia palpabile nella realtà. Sproporzionata stima di sé e delle proprie
abilità che ne conseguono, siano essi reali o presunte. Con questa eccessiva
autostima e disprezzo per gli altri, si assume un atteggiamento altezzoso,
sprezzante e con un ostentato senso di superiorità nei confronti degli altri.
Nel superbo insorge spesso la volontà di conquistare, esclusivamente per se stesso
e con ogni mezzo possibile, una posizione di grande privilegio, superiore agli
altri, i quali devono riconoscere e dimostrare di accettare la loro
inferiorità. Nel Cristianesimo, il peccato di superbia è considerato il
peggiore dei sette vizi capitali, poiché radice di ogni altro peccato e perché,
implicitamente il superbo vuole sostituirsi a Dio, con il conseguente disprezzo
del Suo Amore e del Suo Ordine. È il peccato di Lucifero, l'origine della sua
caduta dal Cielo.
AVARIZIA
L’avarizia è il desiderio di possedere e conservare
denaro, beni o oggetti di valore per sé stessi, in quantità di molto maggiori a
quanto necessario per la sopravvivenza personale. Si arriva ad identificare sé
stessi nei beni materiali, a tal punto da non volersene separare. L'avaro
ha un eccessivo ritegno nello spendere e nel donare, il valore che attribuisce
a ciò che possiede è smisurato e supera qualunque altro valore: conta quindi
semplicemente l'avere piuttosto che il fruire di ciò che si ha, il tenere per
sé piuttosto che il dare. In poco tempo l’avaro diventa vittima della sua
stessa prigione dei beni, dalla quale non ne sa uscire, eliminando qualsiasi
persona che possa in qualche modo intaccare il suo tesoro. A differenza
dell'avidità che si incentra sull'accrescimento del proprio possesso,
l'avarizia si incentra invece sulla conservazione meticolosa di ciò che già si
possiede. L’avaro diventa schiavo delle sue stesse ricchezze e privo della sua
libertà. Nel Cristianesimo l'avarizia, proprio perché porta chi ne è travolto,
a mettere le ricchezze al di sopra di tutto, è considerata una forma di
idolatria: il denaro prende il posto di Dio.
LUSSURIA
La lussuria è la concentrazione di se stessi
nel piacere sessuale. Il piacere sessuale fine solo a sé stesso, nel
quale svuota completamente
lo spirito di chi la pratica. Il disordinato desiderio del piacere
sessuale viene collocato al primo posto nella vita, indipendentemente
dall'amore per il prossimo, l'unione nell'amore e la procreazione, poiché nella
lussuria l'unico fine è la sola soddisfazione personale.
La lussuria non prova amore per sé stessi o per l’altro, non prevede
nemmeno la riproduzione, la lussuria si ciba solo del piacere che si prova
nello svolgere l’atto sessuale, accentrando egoisticamente un amore di sé che
porta all'indifferenza o negazione dell'amore altrui. Si compie un abbandono
volontario ai piaceri del sesso che per l'eccessivo desiderio carnale porta il
lussurioso e la lussuriosa all'incapacità di controllare le proprie passioni.
Si diventa quindi schiavi delle proprie pulsioni sessuali giustificando a sé
stessi ogni ricerca e modo di soddisfare i piaceri della carne.
Il lussurioso dunque salta di persona in persona per continuare a
provare un piacere insaziabile che si scarica ad ogni orgasmo. Nel Cristianesimo,
il desiderio sessuale non è malvagio di per sé poiché rientra nell'Ordine
divino, tuttavia quando tale desiderio viene separato dall'amore di Dio ed
unito soltanto all'amore di sé, diventa lussuria, peccato e vizio.
INVIDIA
L’invidia è lo stato d'animo o sentimento spiacevole
che nasce dal volere per sé un bene o una qualità altrui. L'invidia è spesso
accompagnata da avversione e rancore verso chi possiede tale bene o qualità,
che porta l'invidioso ad augurare il male all'altro, di modo che il dolore e la
tristezza possano così oscurarne le qualità o diminuire la felicità che ne
consegue. Nasce nell'uomo che ha modo di constatare che altre persone
hanno quella qualità o quelle cose che lui non possiede. E’ una miseria
interiore del paragonarsi agli altri, giudicandoli negativamente per quello che
sono o hanno in più. L’invidioso è felice quando
agli altri la vita va male o perdono qualcosa,
che agli occhi degli altri e dell’invidioso li rende speciali. L'invidioso
prova risentimento e astio per la felicità, la prosperità e il benessere
altrui, sia che egli si consideri escluso ingiustamente da questi beni, sia che
già possedendoli, ne pretenda l'esclusivo godimento. L’invidioso non
lavora mai su di sé per sciogliere l’invidia che ha dentro, affinché possa
crescere, esprimersi ed ottenere con le proprie capacità quello che vuole. Nel
Cristianesimo, l'invidia è un vizio capitale perché, come la superbia, porta
all'eccessivo amore di sé a scapito dell'amore fraterno e dell'amore per Dio,
creando così una grande possibilità per l'azione del male.
GOLA
La gola o ingordigia è il desiderio di ingurgitare
cibi, bevande o sostanze più di quanto l'individuo necessiti. L'ingordo mostra
comportamento di sfrenatezza e di lascivia al posto della modestia e del controllo
di sé. E’ il peccato dell’insaziabilità su tutti i piani,
materiale e spirituale. L'ingordigia presume un certo egoismo o una
incapacità di controllo di sé, che portano all'essere schiavi di ciò che si
vuole inghiottire, oltre che a limitare l'attenzione allo spreco come forma di
amore verso il prossimo. Per questo e per la mancanza di rispetto dell'ingordo
nei confronti dell'Ordine divino, esso è considerato dal Cristianesimo come un
peccato capitale.
IRA
L’ira è quella rabbia irrefrenabile
che acceca la mente e distrugge tutto ciò che ha di fronte in
nome e per conto di un torto subito. L’ira acceca la ragione e si nutre
non solo degli istinti animali dell’uomo, ma anche dei pensieri e dei
sentimenti. E’ quel sentimento improvviso e violento suscitato dal
comportamento di persone o da avvenimenti, esso rimuove i freni inibitori che
presiedono le scelte del soggetto coinvolto. Infatti carica
di rabbia l’uomo come fosse posseduto, alimentando la mente di
pensieri incessanti e portando l’odio nel cuore. L’ira è un
peccato senza fondo, perché anche laddove viene
fatta giustizia attraverso la vendetta, essa non si sazia e non
si placa, ma continua ad essere costantemente presente. L'iracondo può
provare una profonda avversione non solo verso qualcosa o qualcuno, ma in
alcuni casi anche verso se stesso. L’unico rimedio dell’ira rimane il
perdono, il perdonare sé stessi e gli altri per i torti
subito. L’ira è la mamma dell’odio.
ACCIDIA
L'accidia
è un male dell'anima che si manifesta come negligenza e indifferenza della
persona che ne soffre, a cui si aggiunge un sentimento di tristezza e
soprattutto di noia nel vivere la vita. E’ il rifiuto del vivere e
si manifesta come una noia e inerzia costante nel praticare
qualsiasi tipo di opera o azione. L’accidia si esprime anche
nella meccanicità del vivere e nell'apertura all'evoluzione in tutti
i campi. Si prova disinteresse verso ogni forma di iniziativa o di azione,
immerso com'è nel suo torpore malinconico. L'accidia può essere un sentimento
solo interno come la mancanza di gusto verso la vita, oppure essere esterno con
la pigrizia, e l'inattività. L'accidia è strettamente legata alla noia, poiché
nascono entrambe da uno stato di insoddisfazione e non di bisogno. E’
un demone che blocca ogni tipo di attività che
detesta la dinamicità della vita e vorrebbe che tutto
esistesse inerme senza gioie e sofferenze. Nel Cristianesimo è l'avversione o
indolenza all'operare il bene dovuta alla noia del divino e al disgusto per ciò
che è spirituale. L'accidia indica lo stato di una persona la cui fede è andata
persa.
Sul tema dei sette vizi capitali è stato prodotto un thriller statunitense del 1995 interpretato dagli attori Brad Pitt, Morgan Freeman e Kevin Spacey. Il film prodotto da David Fincher parla di un serial Killer che compie omicidi ispirandosi ai sette vizi capitali che vuole trascinare il suo inseguitore nel vizio dell’ira. Da vedere.
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