Il termine pregiudizio deriva
dal latino prae, "prima" e iudicium,
"giudizio" e può assumere diversi significati, seppure tutti in
qualche modo collegati alla nozione di preconcetto o giudizio
prematuro. Nell'uso più comune il pregiudizio è un'accezione negativa, è una
sorta di antipatia manifesta fondata su una generalizzazione falsa e inflessibile, comunque
sbagliata.
L’accezione provata può essere sentita internamente da
chi l’avverte oppure può essere esternata attraverso la chiara espressione
della disapprovazione e può essere diretto verso un gruppo nel suo complesso o
verso un individuo in quanto membro di quel gruppo. E’ un’opinione sempre
esistita e che penso sempre esisterà giusto o sbagliato, oggi verso uno domani, verso un altro a seconda dei tempi e delle accettazioni dettate dalle epoche,
opinioni che in passato hanno determinato gravissimi atteggiamenti verso
l’umanità. Io so di provare dei pregiudizi e penso che tutti ne
hanno qualcuno, solo che alcuni li esternano e altri li soffocano per paura, a loro volta, del
giudizio degli altri. Nessuno, vuole dare l’impressione di restare indietro, di essere
additato come un retrogrado che non accetta i cambiamenti, nessuno vuole
restare indietro agli altri modi di pensare e nessuno ha il coraggio di dire quello
che veramente vorrebbe dire, perché andrebbe certamente contro
corrente. Però di fatto i cambiamenti accadono ed alcune cose per restare tali devono necessariamente cambiare.
Ma i pregiudizi poi vengono sorpassati, seppure a coda ne
nascono degli altri. Qualcuno ha scritto: “Siamo stati giudicati da loro ed
eravamo una piccola minoranza. Il nostro piccolo ghetto è diventato una grande
casa accogliente poi. Ad un certo punto ci troveremo a superarli in
numero?” Il pregiudizio è un’opinione concepita sulla base di convinzioni
personali o generali, a seconda dei casi, senza che vi sia di fatto una reale conoscenza
dei fatti o delle persone, però comunque va ad influenzare la valutazione e i
comportamenti di qualcuno o qualcosa. Quando vi sono i pregiudizi vengono
assunti comportamenti e atteggiamenti di distinzione e diversificazione fra le
persone, e quindi spesso di discriminazione, con una conseguente modifica sul
processo di inclusione sociale nei vari ambiti, della famiglia, alla scuola, al
lavoro. In effetti oltre ad essere cosciente di avere pregiudizi, che è già un
passo per superarli, io amo le diversità e sono convinto siano un bene per la nostra ricchezza sociale, guai se
fossimo tutti uguali. Chi è stato mira di pregiudizi prima o poi farà sua
l’arma del pregiudizio verso gli altri, piuttosto che assumere una posizione di
interesse o apprezzamento oppure anche di incontro con la diversità altrui.
Eppure l’unicità ha in tutti i contesti un grande valore ed ogni essere è unico
a modo suo.
Esistono oggi parecchie categorie che subiscono a mio parere la
medesima beffa. Ci sono i normali, i gay, i rom, gli omofobi, i
religiosi, i profughi, gli estremisti, i rifugiati, i giovani, i vecchi, gli
zingari, i disabili, la gente di colore e molti altri ancora, tutte persone che vengono fuse in uno stereotipo
comunque piuttosto che essere riconosciute per la loro unicità e per il loro
valore. Poi in realtà tutti diventano aggregati dal fatto di essere sottoposti
al pregiudizio. Se facciamo una forte sintesi notiamo che il normale viene
additato quale superficiale insignificante, stupido legato ad un’immagine di
classico lavoratore legato alla famiglia, mai propositore; il gay viene
additato quale diverso ancorato alla sua perversione in cerca di riconoscimento
sociale; l’omofobo diffidente nell'accettazione della altrui diversità,
incapace di accettare l’evolversi della società; il religioso sempre misurato,
promotore di buone intenzioni e di valori universali che si trovano tutti sotto
un’unica visione, rigida ma condivisibile e si potrebbe continuare con tutti
gli altri. Il fattore comune è che tutti sono additati e tutti hanno delle
particolari altre categorie di persone che li additano. Potremmo stare a fare
mille teorie sulle varie categorie, iniziando dall'essere essere pro gay,
senza se e senza ma, ed essere favorevole alle unioni gay. Devi essere anti
sessista ma non devi fare commenti o apprezzamenti sulle donne. Voglio giusto
dire alcune parole su un paio di categorie che sono sempre esiste come
antagoniste e che sempre esisteranno: i giovani e gli adulti.
IL GIOVANE E L’ADULTO
Il giovane che viene spesso ritenuto ribelle, ed
incapace di ogni picco intellettuale o manuale, solo molto superficiale e
svogliato. Il giovane è contenuto da un mondo di adulti che lo vuole capro
espiatorio di confusione e incertezza di tutti i contesti. Il mondo adulto che
pretendente dai giovani curiosità e obbedienza in un mondo rappezzato in malo
modo dagli adulti. In molti casi e per diverse ragioni gli adulti pensano
sempre più spesso che i giovani d'oggi sprechino la loro gioventù, definendola
talvolta "bruciata". Ciò rende la comunicazione complessa, perché,
tra essi non c'è un punto di incontro possibile. Ognuno è limitato alla propria
visione del mondo senza pensare di accettare l'opinione altrui. Una
libertà di espressione forse, ma non di privacy, di usufruire
di strumenti di sostegno, di scelta e azione. Reso incapace di
rapportarsi di fronte al confine altrui risponderà sempre per estremi: ceca
sottomissione o ribellione autodistruttiva. A quel punto accade che i figli, o
comunque i giovani, sventolano la bandiera dei propri diritti e cercano di
ottenere rispetto attraverso lo scambio o la discussione, che causa conflitti e
ribellioni da parte degli adolescenti verso l’autorità genitoriale. I punti più
di invasione da parte dei grandi sono la conoscenza delle amicizie, dei
fidanzatini e il genitore deve anche accettare di essere passato in secondo o
terzo piano, a volte l’ultimo. I giovani hanno bisogno di essere accettati per
quello che sono, anche se sembrano sbagliati e vorrebbero che i grandi
prestassero attenzione a quello che dicono, anche quando si ha difficoltà a
comprendere le motivazioni di certi comportamenti. A volte, non ci si
parla per timore di non essere compresi, di essere giudicati. Uno degli
ostacoli più grandi al dialogo che incontrano i giovani è l’errore comunemente
commesso di sminuire i loro problemi, trasmettendogli solo il messaggio
che i loro problemi sono meno gravi di quelli dell’adulto e che sono facili da
superare. L’adulto giudica il giovane non riponendo fiducia nella nuova
generazione, non concedendo spazio agli errori, non offrendogli spazio
decisionale, non impegnandosi per offrirgli un mondo libero a accogliente.
L’adulto lo getta in fretta in un mondo crudo senza dare sufficienti protezioni
e conoscenze pratiche. La facciata scherzosa di tutto questo è che i giovani un
giorno poi diventeranno adulti, così come gli adulti un tempo sono stati
giovani e nulla cambierà! Quindi, c'è da riflettere?
E’ un dato di fatto vedere una società che cambia
velocemente, una società che improvvisamente non vuol più conoscere persone che
fanno scelte di esclusione. A volte si ha paura che certe accettazioni
sconosciute possano condurre, pian piano, ad una costrizione collettiva degli
orientamenti e dell’apertura mentale, e quindi forzare a cambiare, pure laddove il cambiamento può essere nocivo. Riuscire in
prima persona ad avere altri punti vista e incoraggiare le persone ad assumere
la prospettiva di una persona appartenente ad un gruppo bollato ad empatizzare con
essa, può portare ad una riconsiderazione del pensiero e riduzione del
pregiudizio. Bisogna imparare ad accettare tutti nonostante le varie fragilità,
i limiti e le debolezze dell’essere umano. Ascoltarsi reciprocamente può aprire
gli uni verso gli altri e rendere capaci di superare le barriere delle proprie
debolezze e dei propri pregiudizi, perché ci saranno sempre nuove vie e nuovi
uomini.
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