LA VIOLENZA È CONGENITA NELL’ESSERE UMANO

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Siamo nell'epoca che amiamo definire civile, convinti che la nostra società sia meno disumana rispetto al passato. Tuttavia, gli stati moderni, pur popolati da uomini "civilizzati", non sembrano essere meno violenti delle antiche popolazioni. Le continue guerre ne sono una incontrovertibile testimonianza. Uno studio del 2011 sosteneva che l'umanità si stesse avviando verso una progressiva stabilità e pace, ma gli eventi odierni sembrano smentire questa affermazione. La violenza e la prepotenza appaiono sempre più diffuse, giustificando comportamenti che altrimenti considereremmo inaccettabili. "La cattiveria è un dono dell'uomo che nessun animale possiede" scriveva Mark Twain, e questa riflessione ci porta a chiederci quale sia l'origine della cattiveria, che si manifesta in molteplici forme, fino a sfociare nella più bestiale crudeltà. Ogni individuo ha una storia unica e complessa, rendendo impossibile classificare universalmente i casi di cattive

SI PUO PERDONARE CHI HA STUPRATO?

perdonare

Quando compiamo un’azione sappiamo che c’è sempre una reazione e penso che occorra chiedersi che effetto faccia perdonare gli altri ed essere poi perdonati a sua volta. Perdonare è rinunciare alla vendetta alla punizione per ciò che si è subito. Che cosa è dunque il perdono? E si può sempre perdonare sempre e chiunque e per qualsiasi cosa? Moralmente dovrebbe essere così. Pero.....! 

Riuscire a provare il perdono per l’altro può voler dire dentro di se di costringere un pò se stessi a non immaginare di ridurre l’altro sottomesso, a soccombere sotto lo stesso, se non più forte, male che ha causato. Indubbiamente la rabbia spinge istintivamente alla vendetta, ma il perdono può traghettare verso una grande umanità, dare all'altro e a se stessi, una nuova possibilità perché tutti possono essere capaci di fare il meglio ma anche di fare il peggio. Il perdono lo predicano in pochi, forse quelli più maturi e vicini alla propria religione, ma i giovani e quelli un po’ più delusi ed amareggiati, forse sono spinti solo da propositi di vendetta. E' nella natura umana. E’ pure vero che non sempre il perdono è sincero, anche fra i credenti praticanti, a volte il perdono è impuro è avido interessato calcolato, quindi non tanto generoso come vogliono far credere. Purtroppo le relazioni umane non sono affatto semplici, per questo a volte credo che il perdono è solo un celato calcolo voluto che puzza di una vendetta futura. Oltretutto si è sempre detto che la vendetta è un piatto che va servito freddo. Chissà cosa è giusto? Chi può dirlo? Secondo me è una faccenda molto intima ed individuale e non si può perdonare tutto. Io per lo meno non ne sarei capace. Mi chiedo se ad esempio potrei perdonare chi ha commesso il reato di stupro. La legge sicuramente no e probabilmente neanche io, e con me molti altri. 

Secondo la bibbia perdonare significa assolvere chi ci ha offeso, il termine greco tradotto  "perdonare” significa letteralmente “lasciar andare”. Possiamo perdonare gli altri quando non coviamo risentimento nei loro confronti e quando rinunciamo a rivendicare qualsiasi offesa o perdita che abbiamo subito. 

Probabilmente anche una persona di formazione cattolica, che non crede nella vendetta, davanti a tanto orrore avrebbe difficoltà. E’ vero che tutti possono sbagliare e tutti hanno diritto a una seconda possibilità, ma in certi casi è dura. Immaginare una persona stuprata, che ha subito tanta violenza, poi ricoverata in un ospedale a curarsi le ferite fisiche prima, e le altre dopo, magari una persona cara vicina, non mi da affatto la forza di pensare al perdono. Come si fa a perdonare, dimenticando tutto quello che riguarda il male fatto ad un corpo, al quale in alcuni casi viene anche tolto la vita. Non mi viene di perdonare lo stupratore, il mio sentimento è più rivolto alla povera vittima di turno che è stata aggredita brutalmente e ripetutamente. Solo in Italia oltre un milione di donne ha subito uno stupro oppure è stata oggetto di  un tentato stupro, molte non denunciano e quelli pagano sono molto pochi, troppo pochi.

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Lo scrittore francese Éric-Emmanuel Schmitt è nato a Sainte-Foy-lès-Lyon nel 1960, è un famoso scrittore drammaturgo. Autore di circa una quarantina di opere, alcune delle quali  tra cui utilizzate per la realizzazione di film. Ora ha dedicato con questo libro alle sfumature della vendetta asserendo in qualche modo che il perdono è un'attività veramente efficace contro la violenza che vive nei tempi moderni. Ha sviluppato questi quattro racconti per parlare della vendetta e del perdono. Nel primo, una sorella gelosa dell’altra, che invece l’ama profondamente. La seconda storia quella di un uomo che abusa di una ragazza ingenua, ma più tardi le ruberà il figlio. Nel terzo racconto, la madre che cerca di capire l’assassino della figlia. Nell'ultimo racconto un vecchio taciturno che prende coscienza di un segreto dimenticato, leggendo Il piccolo principe a una bambina.
La prima storia.
Le sorelle Barbarin sono gemelle, ma Lily è nata poco prima di Moisette. Lily perdona continuamente tutto il male che le fa Moisette. E questo perdono a ripetizione, dovuto all'amore, provoca un odio sempre più grande, il contrario dell’amore. È troppo rapido, concesso impropriamente mentre Moisette avrebbe avuto bisogno di limiti. E da parte di Lily esiste un certo conforto nel perdonare, è egoistico e narcisistico.
La seconda storia
Il racconto fa riferimento all'opera Madame Butterfly di Puccini. Mandine, la protagonista, è semplice di spirito ma ricca nel cuore. È l’amore assoluto in ogni modo, perdona quello che non si può perdonare al suo amante.
La terza storia
Il perdono può essere la forma più raffinata di vendetta. L’eroina ha risvegliato l’umanità di quest’uomo, l’assassino di sua figlia. Ma così si prende anche una rivincita.
La quarta storia
Un vecchio aviatore, che legge “Il piccolo principe”, si renderà conto di aver commesso un crimine involontario nel passato e quindi lui vuole perdonare se stesso e cercherà una redenzione eroica.
Secondo voi fin dove è giusto trovare la forza di perdonare.

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