IL LITIGIO BUONO SERVE A RAFFORZARE LA RELAZIONE
Ho avuto una relazione che con tanta ostilità è durata comunque parecchio e con il tempo ho imparato che il conflitto non è necessariamente un nemico della coppia. Purtroppo lo capivo soltanto io. Posso dire con convinzione che, se affrontato nel modo giusto, può diventare uno degli strumenti più potenti per la crescita e la maturazione di una relazione di coppia. Non parlo solo per teoria o letture, ma anche per vissuto personale.
Ho vissuto anche relazioni in cui il confronto era del tutto assente, l’unico confronto era quello in cui il litigio era all’ordine del giorno. E la differenza tra le due cose non stava nella presenza del conflitto, ma in come quel conflitto veniva gestito. Si pensa genericamente che la consuetudine al litigio possa indebolire il rapporto di coppia. Secondo alcuni, quest’ultimo concetto è sbagliato, perché litigare fa bene, risalda la relazione perché permette di chiarire le reciproche posizioni, evita il risentimento, permette di affrontare i problemi a viso aperto. Certo, per litigio si intende un confronto aperto, anche vivace, non certo uno scontro da tra bulli con botte e lesioni. E per “litigare bene” occorre tenere presente una serie di regole che servono per rendere il dibattito costruttivo e non distruttivo, come spesso purtroppo accade.
Fin da piccolo, inizialmente dai mie nonni, che hanno vissuto insieme quasi 80 anni, mi è capitato più volte di sentire la famosa frase: “L’amore non è bello se non è litigarello”. All’inizio la prendevo con leggerezza, quasi come una giustificazione ai litigi di coppia. Solo con l’esperienza e la lettura di alcuni testi scritti da esperti sull’argomento ho capito che dietro questo detto popolare c’è una grande verità: litigare fa bene, ma solo se lo si fa bene, scusate il gioco di parole. Secondo alcuni esperti psicologi, autorevoli nello studio delle dinamiche relazionali, le relazioni in cui i conflitti vengono affrontati apertamente, soprattutto se guidati con intelligenza emotiva, tendono a essere più forti e durature. È stato sorprendente leggere che proprio le relazioni ad alta conflittualità, se ben gestite, risultano spesso più stabili di quelle tranquille ma prive di comunicazione profonda e sono quelle destinate a durate più a lungo. Questo perché nel conflitto costruttivo si chiariscono i bisogni, si esprimono emozioni sincere e si cercano soluzioni condivise.
Ed è proprio ciò che ho imparato sulla mia pelle: non è l’assenza di litigi a rendere una relazione sana, ma la capacità di affrontarli con rispetto, onestà e ascolto. Non esiste una coppia senza divergenze, ma esiste una grande differenza tra chi le ignora o le reprime e chi le usa come opportunità per comprendersi meglio. Le relazioni ad alta conflittualità – specialmente se il conflitto viene guidato dalle donne – sono quelle che finiscono per essere più forti e di maggior successo, ma qui servirebbero delle grandi donne e non tutti hanno questa fortuna. Questo perché le partner femminili, spiegano gli esperti, sono più abituate a mettere al centro i problemi e non i difetti, presunti, dei partner. Mentre le relazioni a bassa conflittualità si rivelano solitamente quelle più fragili. E’ determinante avere la consapevolezza di considerare il litigio come percorso verso la comprensione reciproca. Senza conflitti, senza litigi, non saremmo in grado di comprenderci appieno e di amarci appieno con il proprio partner. Ecco perché occorre imparare al più presto le tecniche del buon litigio se si desidera gettare le basi per una relazione lunga e soddisfacente. Tutto questo comunque risulta vano se difronte si ha un imbecille uomo o donna che sia. Una delle chiavi fondamentali, che ho ritrovato tanto nei testi degli esperti quanto nelle mie esperienze più intime, è la modalità con cui si inizia un confronto, ovvero con un inizio non aggressivo. La maggior parte dei conflitti finisce esattamente così com’è iniziato, ma questo non importa. Questo mi ha insegnato quanto sia importante scegliere con cura il tono e le parole, non per evitare la discussione, ma per renderla fertile. Ho imparato anche a descrivere le mie emozioni senza incolpare l’altro, a parlare dei miei bisogni senza attaccare, e a fare spazio al punto di vista del partner, anche quando non lo condividevo. L’ascolto autentico è stato uno dei passaggi più difficili, ma anche uno dei più liberatori. Non si tratta di annullarsi, ma di riconoscere l’altro come parte integrante di un percorso comune. Un altro insegnamento che ho fatto mio è quello della “supposizione di somiglianza”: quando mi trovavo in disaccordo con il mio partner, provavo a cercare in lei una qualità che riconoscevo anche in me. Questo piccolo esercizio mi ha permesso più volte di trovare punti di contatto anche nei momenti più duri.
E se c’è una cosa che ho capito, è che nessuna relazione potrà mai essere completamente priva di problemi, ma lì fa la differenza la maturità degli individui. I deboli mollano mentre quelli più forti lottano. Le difficoltà ci accompagneranno sempre, ma possiamo scegliere se affrontarle in modo distruttivo o trasformarle in occasioni di crescita. Il conflitto non va evitato, va compreso. Va umanizzato.
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