IL RICORDO DI KAHLIL GIBRAN

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Ordina le poesie di Kahlil Gibran Clicca qui Kahlil Gibran è stato un poeta libanese naturalizzato statunitense, nato a New York l’11 aprile 1931. Visto inizialmente come uno scrittore visionario perché le sue parole erano quelle di un profeta, capaci di forgiare le menti e imprimersi indelebili nelle coscienze.  Dall’indole solitaria e riflessiva, il poeta ha parlato del costante fluire dell’acqua, del ciclo della vita e del movimento degli astri tramutando il simbolismo naturale in una realtà effettiva dalla quale trarre preziosi insegnamenti. Le sue opere furono distribuite ben oltre il suo paese d'origine e i suoi scritti divennero famosi anche perché considerati da molti come "perle di saggezza", nonché punti di riferimento mistici. Il suo libro più celebre è stato “Il profeta” pubblicato nel 1923. Un volume peculiare, unico nel suo genere, composto di ventisei saggi scritti sotto forma di poesia. Gibran, in molti dei suoi componimenti, descrive la realtà e il mondo

È GIUSTO PARLARE DEI PROPRI PROBLEMI

parlare dei problemi

Nella vita vera, tra amici, col partner, in famiglia quando ci si parla delle proprie cose di fronte ad una tazza di caffè, o mordendo una pizza è meglio aprirsi e raccontare sé stessi, oppure è meglio tergiversare parlando del più e del meno? Quanto conviene parlare delle proprie debolezze e parlare dei propri problemi? Io una mia opinione me la sono fatta.

In genere si pensa che quando parliamo di noi stessi, nell’intimo, quello vero, riusciamo ad analizzare e a elaborare meglio le difficoltà, come quando ci si guarda allo specchio e si colgono meglio i propri difetti estetici. Però a volte la vergogna e la necessità di voler sembrare sempre di successo, forti, invincibili, il semplice non voler sembrare deboli ci portano a fingere e a non parlare. Ne consegue che con gli altri, tendiamo a voler dimostrare di stare bene e a non lamentarci, ci preoccupiamo di più di quello che pensano gli altri che di noi stessi, di ciò che pensiamo sul serio. In più, soprattutto se siamo in collera, oppure abbiamo un discorso in sospeso tendiamo a tenere tutto dentro rischiando di sentirci male, di incamerare ogni sentimento a tal punto da rischiare di esplodere prima o poi. Tutti tendiamo a mettere in atto questo atteggiamento non solo quando dobbiamo parlare dei nostri problemi o delle nostre preoccupazioni, ma anche quando potremmo condividere con gli altri i nostri pensieri più remoti. Anche quando il tutto fa riferimento a fatti positivi alcuni mantengono questa linea avendo oramai assimilato l'abitudine di non parlare con gli altri dei propri successi e delle vicende positive. 

Tutto ciò secondo alcuni è sbagliato perché parlarne ci può aiutare a incrementare la nostra felicità. Non sono certo di quello che è più giusto o sbagliato anche perché la società è in completo mutamento, e i pareri sono differenti. Ma un pensiero in merito abita nella mia testa. Proprio i più giovani, le nuove linee di pensiero affermano che quasi tutti si sottomettono, anche se ciò, a mio avviso, può creare problemi soprattutto nella linea dei social. Secondo molti parlare dei propri problemi fa bene. Se ti senti giù, ti è successo qualcosa che ti rende triste è meglio parlarne e non stare per conto tuo. Questo secondo il pensiero di massa perché stare da soli guida alla sconfitta. Invece parlare con gli altri libera da tutto, fa sentire meglio. Una buona parte delle persone consiglia di parlare dei propri disagi con gli amici, coi colleghi, familiari. Insomma no alla riservatezza, è meglio essere aperto. Essere introversi pare sia un difetto. Magari in tanti pensano che scriver su Facebook o Istagram cosa passa per la testa, mostrare le proprie debolezze ed incertezze sia da vincente e conduce alla serenità. 

Per molti altri quando si ha un disagio interiore parlarne con tutto il mondo non sempre serve, occorre percepire fino infondo i propri stati interiori e aspettare che arrivi il corretto silenzio. Meglio chiedersi che cosa c’è dentro sé stessi. Provare a farsi delle domande. Il silenzio infatti per molti è d’oro. Comunicare è un’esigenza innata dell’essere umano e la super popolarità dei nuovi mezzi di comunicazione legata all'uso, direi eccessivo, ne è la prova. Però c’è chi pensa che d’altro canto il contrario. Fin dall'antichità il silenzio era considerato terapeutico, un vero stato di pace in grado di guarire dal dolore emotivo e dalla tristezza. Stare in silenzio ed ascoltare non vuole dire non aver nulla da dire bensì, volgersi verso il sapere, verso le radici interne, verso la propria natura. Pochi sono capaci di stare in silenzio. Ogni tanto serve. Magari mentre guido e sono solo in macchina sto del tempo in silenzio staccato da tutto e osservo con attenzione. Osservo e rifletto meglio. Questo vuol dire andare avanti per la propria strada. A volte si può essere in compagnia di una persona speciale e si può stare lì a commentare mentalmente in modo silenzioso senza giudicarsi o farsi giudicare. Può essere un rimedio valido. La parola non sempre risolve le difficoltà ed i problemi interiori. Li risolve lo sguardo silenzioso, perché modifica lo spazio mentale e innesca nel cervello un nuovo stato energetico. Il silenzio può preparare a nuovi modi di essere, non necessariamente sbagliati. Questo non vuol dire che io pensi sia giusto sempre tacere con gli altri, soprattutto con chi è più vicino. 

In tutto ciò un ruolo importante lo gioca l’esibizionismo moderno che affascina tutti. Tutti lì pronti a raccontare i propri fatti pur di essere ascoltati di essere per un momento al centro dell’attenzione. Tutti malati di esibizionismo del dolore, che è una forma, tra le più gravi. Tutti pronti ad attaccare chiunque per affermare una propria supremazia anche di esibizionismo. Io penso che in certi casi è meglio evitare di parlare dei propri problemi soprattutto con chi non ci conosce, ma poi ci giudica. Meglio non andare in cerca di comprensione, perché il bisogno di autocommiserarsi provoca ancora più infelicità. L’impulso di mostrare sé stessi agli altri deve essere combattuto e vinto, è necessario vincere l'impulso di esagerare le proprie difficoltà, oltretutto ha la più naturale conseguenza di far peggiorare la situazione. Non credete sempre a coloro che sostengono che parlare di una sofferenza corrisponde a guarire. 

Io sono del pensiero che quando si pianta il seme di un problema questo alla fine può diventare un albero. Se parlate di malattia o di scarsità di denaro, oppure di amicizia e di libertà, quello che dite è proprio ciò che otterrete. Se proprio si avverte la necessità di voler parlare di se stessi agli altri è certamente meglio parlare della propria vita meravigliosa, della propria ricchezza del proprio successo. I problemi vanno affrontati solo con alcuni, con chi è più vicino davvero. 

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