PERCHE' ESISTE IL PREGIUDIZIO DELLA NEGATIVITA'
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C’è una parte innata nell’essere umano che tende a dare sempre maggior peso e a attenzione agli eventi negativi, quelli brutti, quelli che portano informazioni oppure esperienze pessime rispetto a quelle positive. Sono questi i ricordi che tendiamo a mantenere vivi nella mente, la tendenza cognitiva negativa.
Ci si rende conto facilmente, semplicemente guardandosi attorno, che tutti i racconti vengono quasi sempre esagerati in senso negativo, in ogni ambito, ed ogni palla di neve diventa quindi una valanga. Le notizie su cui poniamo l’attenzione sono quasi sempre notizie cattive e nel raccontarle, ognuno di noi, ci mette il suo, per farla apparire ancora peggio di quello che non sia veramente. Alcuni professionisti molto validi e provenienti da diverse parti del mondo hanno costruito un team di spessore per esaminare il fenomeno. Capita anche nel mondo del lavoro che quando sembra che tutto vada a gonfie vele, improvvisamente la ruota gira, e diventa subito un momento di crisi, così accade anche nelle relazioni, nella famiglia ed in ogni contesto. In questi casi, tutti si guardano increduli ed in attesa che qualcuno, trovi una soluzione celere e concreta, che gli altri non riescono a trovare, rimanendo inermi e preoccupati, con la paura che persista un qualcosa di fuori posto, al momento sbagliato ed alla persona sbagliata. La capacità di farci impressionare maggiormente dalle situazioni negative piuttosto che da quelle positive, è una caratteristica innata e risulta essere un effetto comune che porta spesso a prendere cattive decisioni e ad assumere comportamenti ancora più negativi.
Secondo gli esperti questa cattiva capacità spiega perché i paesi vanno in guerra, i vicini di casa litigano, o perché le coppie divorziano. Questa tendenza a concentrarsi sul male e sul negativo, anziché sul bene, crea allarmi ingiustificati e rende le persone sempre più arrabbiate, avvelenando di conseguenza l’intera società. Le critiche sull’essere umano hanno un effetto molto più rilevante rispetto agli elogi oppure agli apprezzamenti e quindi il nostro cervello risulta essere meglio programmato per concentrarsi sul male, questo aspetto spiega anche il perché del notevole successo delle storie horror. Ho scoperto che nel vocabolario esistono più parole per definire qualcosa di avverso, anziché qualcosa di bello e lo stesso vale per gli stereotipi che risultano essere sempre più numerosi quelli negativi. Anche la religione tende a enfatizzare l’idea dell’Inferno, anziché porre più attenzione sul fatidico paradiso. L’idea della punizione ha un impatto più significativo sulle persone, rispetto all’idea di un premio per l’aver fatto bene. Ho constato che, soprattutto nel mondo del lavoro, un grosso errore, tanto inconsapevole quanto comune commesso da chi ricopre ruoli verticistici, è quello di pensare che per farsi rispettare sia un bene mantenere un certo distacco, collocarsi autonomamente su un piedistallo invalicabile, irraggiungibile da chiunque non sia il vertice. Questi sono personaggi che pensano che se viene mostrata la propria vulnerabilità alle persone che lavorano con loro, queste perderanno fiducia e rispetto nei loro confronti. Io credo che sia un terribile errore. Così facendo si da origine solo a brutte giornate a cui ne seguiranno delle altre ancora peggiori. Allo stesso modo, una giornata brutta, peserà anche sulla successiva. Al contrario una giornata bella tenderà a far svanire i suoi effetti entro poche ore, perché accadrà sempre qualcosa di negativo a cui si darà più peso. Un brutto trauma può influenzare in modo sostanziale una persona anche per molto tempo e nei confronti di tanti. L’idea di partenza è che sia proprio la mente umana che tende a reagire in modo sproporzionato alle cose negative. Come se, in modo spontaneo, ponesse più enfasi sulle cattive notizie, rispetto a quelle belle.
È stato scoperto che questa è una proprietà innata del nostro cervello che si attiva ad esempio, anche quando incontriamo una persona nuova. Se il primo impatto è quello di notare qualcosa che non va in questa persona, questo fatto di per sé avrà un’influenza maggiore su chi guarda. Inconsciamente questo accade perché nella vita, ognuno di noi sa che questa attenzione è necessaria, per soddisfare la sopravvivenza ed evitare la morte, essere estremamente attenti e vigili, può preservare da cattive situazioni, al fine di stanare e contrastare ogni pericolo, prima che diventi letale. Ora vi riporto quella che è la teoria affermata dei tre cervelli. Per capire meglio il meccanismo, è utile citare il neurologo e psichiatra Paul D. MacLean, che ha proposto la ormai celebre teoria secondo la quale il cervello è composto da tre strutture distinte, ognuna delle quali dotata di una funzione propria e di una sua evoluzione storica. Secondo MacLean queste tre strutture interagiscono ma possono anche lavorare in modo indipendente l’una dall’altra, in particolari circostanze.
LA TEORIA DEI TRE CERVELLI:
- cervello rettiliano: anche conosciuto come cervello istintivo o primitivo, è responsabile delle funzioni di base legate alla sopravvivenza, come la respirazione, la frequenza cardiaca, la temperatura corporea, l’istinto di attacco o fuga e del territorio;
- cervello limbico: è responsabile delle emozioni e della memoria. Gioca un ruolo cruciale nella regolazione della risposta emotiva, nella creazione dei ricordi e nello stabilire la motivazione e il comportamento ideale a livello sociale;
- neocorteccia: è responsabile delle funzioni complesse, come il pensiero razionale, la pianificazione, il linguaggio, la percezione sensoriale e la coscienza. La corteccia cerebrale negli esseri umani è particolarmente sviluppata e ci permette di realizzare delle attività cognitive sofisticate.
La risposta istintiva di attacco o fuga, ad esempio, viene controllata principalmente dal cervello rettiliano, che è anche la struttura coinvolta nella compulsione per la negatività. Tutto questo sembrerebbe demoralizzante, ma la verità è che una volta che si riconosce questa tendenza istintiva e innata nell’uomo, la si può trasformare, sfruttando il potenziale del cervello razionale. L’unico modo per superare la negatività è mettere in campo la neocorteccia, per superare l’istinto. Bisogna tenere a mente che ogni occasione è buona per imparare qualcosa, bello o brutto che sia. Nel libro intitolato Il Potere del Male di John Tierney e Roy F. Baumeister si discute di questa tematica, evidenziando la ricerca, e molti esempi pratici. Si forniscono anche diversi consigli per superare la negatività. Invece di disperarci per ciò che non va nella nostra vita e nel mondo, possiamo concentrarci su ciò che va bene e impegnarci a renderlo ancora migliore.
RECENSIONE DEL LIBRO
Perché le critiche hanno su di noi un effetto molto più rilevante rispetto agli elogi e agli apprezzamenti? Il fatto è che il nostro cervello è programmato per concentrarsi sul male. È quello che viene chiamato effetto della negatività e che spiega cose grandi e piccole: perché i Paesi affrontano guerre disastrose, perché le coppie divorziano, perché le persone falliscono i colloqui di lavoro, perché gli studenti vanno male a scuola, perché gli allenatori di football puntano tutto sul cosiddetto quarto down. In ogni momento della giornata il potere del male determina l'umore delle persone, guida le campagne di marketing e domina le notizie e la politica. Il pregiudizio della negatività ha una spiegazione originaria in senso evoluzionistico - teneva vigili i nostri antenati riguardo a pericoli potenzialmente letali - ma oggi distorce la nostra percezione dell'ambiente. La raffica inarrestabile di cattive notizie a cui siamo sottoposti ci fa sentire impotenti e ci lascia, inutilmente, in uno stato di timore e rabbia. Ignoriamo le numerose cose e persone positive che ci circondano, preferendo ascoltare - e votare - quelle che ci dicono che il mondo sta andando a rotoli. Una volta che impariamo a riconoscere il pregiudizio della negatività, il cervello razionale può gestire il potere del male anche a proprio vantaggio. Vi consiglio la lettura del libro in alto riportato.
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